IMPEGNO PUBBLICO E ATTIVITA’ ISTITUZIONALE – Aggiornato a dicembre 2014

Intervista a Sauro Mattarelli sulla Provincia unica di Romagna

Intervista a Sauro Mattarelli pubblicata su “La Voce di Romagna” il 10/9/2012

 

La provincia unica arriva, e non vogliamo farci trovare impreparati. Per questo iniziamo ad interpellare personaggi e personalità del territorio. Iniziamo dal mondo della cultura con Sauro Mattarelli. Sauro Mattarelli è presidente della Fondazione “Casa Oriani” di Ravenna, ne dirige la pubblicazione degli annali “I Quaderni del Cardello”. Fa parte del comitato di direzione della rivista di storia contemporanea “Memoria e Ricerca” e ha lavorato con istituti culturali e università italiane e straniere. Membro di varie accademie e associazioni europee, collabora a quotidiani e a riviste ed è autore di testi scolastici, tutti pubblicati con le edizioni Mondadori. Dal 1997 al 2004, è stato direttore responsabile del trimestrale “Il Pensiero mazziniano”. Dalla sua attività di saggista si menzionano i testi più recenti: la Postfazione al Giuseppe Mazzini. La politica come religione civile di Roland Sarti (Laterza), La gatta rossa, Romagna graffiti; Dialogo sui doveri. Il pensiero di Giuseppe Mazzini (Marsilio), e, presso FrancoAngeli: Il senso della repubblica. Frontiere del repubblicanesimo; Il senso della repubblica. DoveriFra Libertà e Democrazia. L’eredità di Tocqueville e J. S. Mill (cura, con D. Bolognesi), Il senso della repubblica. Schiavitù (cura con T. Casadei); L’illuminismo e i suoi critici (cura con D. Bolognesi).

 

 

Che quadro si è fatto della questione “provincia unica di Romagna”?

“Mi sono sempre battuto per l’abolizione delle provincie (e per la riduzione del numero delle regioni). Questa premessa per chiarire la mia visione della Romagna: quella di una città metropolitana. Perché la Romagna andrebbe gestita con una serie di servizi che sarebbero molto più efficienti se si concepisse questo territorio come una città. Mi riferisco al tema dei trasporti, in senso lato, da quelli portuali a quelli aeroportuali  (problema purtroppo colpevolmente irrisolto);  dal sistema stradale a quello ferroviario. Soprattutto quest’ultimo.  Se buttiamo un occhio alla storia del primo ‘900 i collegamenti tra le città romagnole erano pensati in modo più funzionale di oggi. Una concezione che avrebbe potuto dar vita a un reticolo infrastrutturale, fondamentale per lanciare la Romagna come città ma anche come polo culturale (e turistico) di altissima valenza:  non solo schiacciato sul mare e sulle spiagge.

Il tema della provincia unica mi ha comunque fatto piacere. Sono perfettamente consapevole che non si sarebbe realizzata se non ci fosse stata la scelta del governo… Sarebbe rimasta una sorta di utopia; invece oggi può diventare uno strumento per realizzare progetti. Alcuni  esempi pratici: il sistema bibliotecario romagnolo: tre o quattro anni fa, prima che si parlasse di provincia unica, abbiamo dato vita a una “rete delle case degli scrittori romagnoli”. Su alcune tematiche si agisce in sintonia e in sincronia, con convegni e itinerari proposti insieme da casa Oriani, casa Pascoli, casa Saffi, casa Serra, casa Monti, casa Moretti… Questo sistema ha consentito di offrire proposte culturali a costi relativamente molto bassi, perché il contributo richiesto era di poche centinaia di euro per ogni associazione. E in tempi di ristrettezze economiche ha dato anche buoni frutti. Ma, tornando a noi il tema del collegamento infrastrutturale, dell’uscita dall’isolamento, per me resta centrale ed essenziale”.

Le idee non camminano senza le strade, insomma…

“E soprattutto senza i collegamenti pubblici efficienti. Sto parlando di metropolitana di superficie, di treni appena decenti, ma anche di banda larga. E per essere razionale un servizio pubblico non può che essere almeno romagnolo e non può non collegarsi razionalmente col resto del paese e del mondo”.

Che ne pensa, entrando nello specifico, di quella parte di territorio, o almeno di quegli amministratori, che sono sembrati molto riluttanti all’unione delle provincia?

“Qui divento un po’ polemico, perché il tema dei campanilismi, delle distanze pseudoterritoriali, sono spesso mere questioni di poltrone; di posti, o di rendite di posizione. Sono, cioè,  costruzioni artificiose, talvolta inventate da politicanti di serie B, incolti, altre volte costruiti da gruppi di interesse che non hanno (o non vogliono avere) la dimensione  complessiva del problema”.

“Poi c’è anche il problema delle “diverse velocità” (lo stesso che oggi assilla l’Europa): anche in Romagna le classi politiche e imprenditoriali (e non è una questione partitica) non appaiono sulla stessa lunghezza d’onda operativa: indubbiamente si riscontra maggior dinamismo (con i pregi e gli svantaggi che ne derivano) lungo l’asse della via Emilia…”

Che dire dell’identità umana e territoriale di questa Romagna?

“Se vai a definire la Romagna in termini strettamente geometrici, con squadra e compasso, entri in un labirinto di difficoltà. E la risposta è quella che diede Agostino rispetto al tempo: so che cos’è se non me lo chiedi. Esiste  una concezione intima, interiore, rispettabile di questo territorio. È così che oggi puoi guardare all’Italia, all’Europa e addirittura vedere la Romagna specchiata anche in dimensioni mondiali insospettabili, dalle piane ungheresi ad alcuni territori americani: la vedi e la trovi in questi spicchi di territori lontani perché ce l’hai nell’animo, racchiusa dentro di te.

 

Quando diventi amministratore devi invece guardare ad aspetti ben definiti. E non si può più pensare ad una visione che era superata anche ai primi del ‘900, con città non collegate tra loro, magari rifugiandoci su ridicoli stereotipi del passato. Se sei un bravo amministratore devi razionalizzare le risorse e creare le migliori condizioni per il territorio che governi. E poi siamo seri. Un conto è l’aspetto folkloristico, che ci sta. Ma se questi aspetti, anche gradevoli sul piano culturale e storiografico, vengono artatamente applicati a questioni amministrative di oggi, viene commesso un falso. Sollevi un mito, a giustificazione di esigenze particolaristiche. È una operazione che culturalmente non mi appartiene. La mia posizione è abbastanza vicina a quella di Pier Giuseppe Dolcini: l’idea della Romagna intesa come città viva, non basata semplicemente su aspetti retrò e folkloristici (che vanno comunque studiati seriamente e non fatti oggetto di becero folklorismo). Sarebbe un po’ come ripetere l’operazione compiuta dalla Lega quando “ripescò” grossolanamente  i “miti celtici” per giustificare una Padania che non c’era”.

 

Che dire allora della frase del suo amico Roberto Balzani: “È venuto il momento di trasformare questo patrimonio culturale in patrimonio amministrativo collettivo”?

“È una frase che sottoscrivo. Non si può amministrare senza avere una cultura del territorio. Ed è nella misura in cui possiedi la cultura che dovresti avere il passaggio etico di non strumentalizzarla oltre i limiti. Il problema è che il ricorso ai “miti celtici” è prodotto da persone incolte. L’amministrazione che produce una cultura va bene, benissimo. L’amministrazione senza cultura no. Nel mito della Romagna, quando va bene, ci sono solo gli stereotipi: il vino che viene offerto nelle case a chi chiede da bere, il liscio, la piadina. Valori che vengono banalizzati come marginalità se servono solo per essere strumentalizzati, se manca il retroterra, il contesto. La cultura è un’altra cosa.

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Ci sono uomini che lottano un giorno e sono bravi, ci son quelli che lottano più giorni e sono più bravi, poi ci sono quelli che lottano molti anni e sono ancora più bravi, infine ci sono quelli che lottano tutta una vita...essi sono gli indispensabili!

(Bertolt Brecht)

E' felice colui che sa dare senza ricordare ed è capace di ricevere senza dimenticare

(Che Guevara)

Non possono esistere i "solamente uomini", gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti

(Antonio Gramsci)

AMARE IL MONDO

Ci impegniamo, noi e non gli altri,

unicamente noi e non gli altri, né chi sta in alto, né che sta in basso,

né chi crede, né chi non crede. Ci impegniamo:

senza pretendere che gli altri si impegnino per noi, senza giudicare chi non si impegna,

senza accusare chi non si impegna, senza condannare chi non si impegna,

senza cercare perché non si impegna. Se qualche cosa sentiamo di "potere"

e lo vogliamo fermamente è su di noi, soltanto su di noi. Il mondo si muove se noi ci muoviamo,

si muta se noi ci facciamo nuovi, ma imbarbarisce

se scateniamo la belva che c'è in ognuno di noi. Ci impegniamo:

per trovare un senso alla vita, a questa vita

una ragione che non sia una delle tante ragioni

che bene conosciamo e che non ci prendono il cuore.

Ci impegniamo non per riordinare il mondo, non per rifarlo, ma per amarlo.

(Bertolt Brecht)

Come non ho timore di confessare l'utopia del socialismo, così non ho timore di confessare l'altra utopia, la più grande e la più pericolosa, che tutti gli uomini, come è scritto nella nostra Costituzione, avranno un giorno su questa terra pari e piena dignità sociale.

(Lelio Basso)

Davvero, vivo in tempi bui!

La parola innocente è stolta. Una fronte distesa

vuol dire insensibilità. Chi ride,

la notizia atroce

non l'ha saputa ancora.

Quali tempi sono questi, quando

discorrere d'alberi è quasi un delitto,

perchè su troppe stragi comporta silenzio!

E l'uomo che ora traversa tranquillo la via

mai più potranno raggiungerlo dunque gli amici

che sono nell'affanno?

È vero: ancora mi guadagno da vivere.

Ma, credetemi, è appena un caso. Nulla

di quel che fo m'autorizza a sfamarmi.

Per caso mi risparmiano. (Basta che il vento giri,

e sono perduto).

"Mangia e bevi!", mi dicono: "E sii contento di averne".

Ma come posso io mangiare e bere, quando

quel che mangio, a chi ha fame lo strappo, e

manca a chi ha sete il mio bicchiere d'acqua?

Eppure mangio e bevo.

Vorrei anche essere un saggio.

Nei libri antichi è scritta la saggezza:

lasciar le contese del mondo e il tempo breve

senza tema trascorrere.

Spogliarsi di violenza,

render bene per male,

non soddisfare i desideri, anzi

dimenticarli, dicono, è saggezza.

Tutto questo io non posso:

davvero, vivo in tempi bui!

Nelle città venni al tempo del disordine,

quando la fame regnava.

Tra gli uomini venni al tempo delle rivolte,

e mi ribellai insieme a loro.

Così il tempo passò

che sulla terra m'era stato dato.

Il mio pane, lo mangiai tra le battaglie.

Per dormire mi stesi in mezzo agli assassini.

Feci all'amore senza badarci

e la natura la guardai con impazienza.

Così il tempo passò

che sulla terra m'era stato dato.

Al mio tempo le strade si perdevano nella palude.

La parola mi tradiva al carnefice.

Poco era in mio potere. Ma i potenti

posavano più sicuri senza di me; o lo speravo.

Così il tempo passò

che sulla terra m'era stato dato.

Le forze erano misere. La meta

era molto remota.

La si poteva scorgere chiaramente, seppure anche per me

quasi inattingibile.

Così il tempo passò

che sulla terra m'era stato dato.

Voi che sarete emersi dai gorghi

dove fummo travolti

pensate

quando parlate delle nostre debolezze

anche ai tempi bui

cui voi siete scampati.

Andammo noi, più spesso cambiando paese che scarpe,

attraverso le guerre di classe, disperati

quando solo ingiustizia c'era, e nessuna rivolta.

Eppure lo sappiamo:

anche l'odio contro la bassezza

stravolge il viso.

Anche l'ira per l'ingiustizia

fa roca la voce. Oh, noi

che abbiamo voluto apprestare il terreno alla gentilezza,

noi non si potè essere gentili.

Ma voi, quando sarà venuta l'ora

che all'uomo un aiuto sia l'uomo,

pensate a noi

con indulgenza.

(Bertolt Brecht, “A coloro che verranno”, 1939)

Un libro prima di essere un oggetto di mercato è un rapporto sociale

(sensibili alle foglie)

www.sensibiliallefoglie.it - www.libreriasensibiliallefoglie.com

C'è un'unica

verità elementare

la cui ignoranza uccide

innumerevoli idee

e splendidi piani:

nel momento in cui

uno si impegna a fondo,

anche la Provvidenza

allora si muove.

Infinite cose accadono

per aiutarlo,

cose che altrimenti

non sarebbero

mai avvenute...

Qualunque cosa tu possa fare,

o sognare di poter fare

cominciala.

L'audacia ha in sé genio,

potere e magia.

Cominciala adesso.

(J. W. Goethe)

... prepareremo giorni e stagioni

a misura dei nostri sogni

( Paul Eluard)

No, giovani, armate invece il vostro animo di una fede vigorosa: sceglietela voi liberamente purchè la vostra scelta presupponga il principio di libertà. Se non lo presuppone voi dovete respingerla, altrimenti vi mettereste su una strada senza ritorno, una strada al cui termine starebbe la vostra morale servitù: sareste dei servitori in ginocchio, mentre io vi esorto ad essere sempre degli uomini in piedi, padroni dei vostri sentimenti e dei vostri pensieri. Se non volete che la vostra vista scorra monotona, grigia e vuota, fate che essa sia illuminata dalla luce di una grande e nobile idea. A voi tutti i più fervidi auguri per l'anno che sta sorgendo?

(Sandro Pertini, 31 dicembre 1978)

"La teoria pura va lasciata a coloro che hanno il buon tempo di riflettere soltanto, ma non hanno il tempo da dedicare alle vittime di questa terra"

(J.H. Cone)

La libertà ... è la possibilità di dubitare, la possibilità di sbagliare, la possibilità di cercare, di esperimentare, di dire di no a una qualsiasi autorità, letteraria artistica filosofica religiosa sociale, e anche politica

(Ignazio Silone, Uscita di Sicurezza)

Mai nessuna notte è tanto lunga da non permettere al sole di sorgere

(Paulo Coelho)

Non c'è attività umana da cui si possa escludere ogni intervento intellettuale, non si può separare l'homo faber dall'homo sapiens. Ogni uomo infine, all'infuori della sua professione esplica una qualche attività intellettuale, è cioè un "filosofo", un artista, un uomo di gusto, partecipa di una concezione del mondo, ha una consapevole linea di condotta morale, quindi contribuisce a sostenere o a modificare una concezione del mondo, cioè a suscitare nuovi modi di pensare.

(Antonio Gramsci)

Un'antica leggenda cinese parla del filo rosso del destino, dice che gli dei hanno attaccato un filo rosso alla caviglia di ciascuno di noi, collegando tutte le persone le cui vite sono destinate a toccarsi. Il filo può allungarsi, o aggrovigliarsi, ma non si rompe mai.

Jake Bohm (David Mazouz), in Touch, 2012

Amo le cose belle, le belle storie che dicono qualcosa,mi piace tutto ciò che fa palpitare il cuore. E’ bello aver la pelle d’oca, significa che stai vivendo.

(Josè Saramago)

C’era una generosità civile nella scuola pubblica, gratuita che permetteva a uno come me di imparare. Ci ero cresciuto dentro e non mi accorgevo dello sforzo di una società per mettere in pratica il compito. L’istruzione dava importanza a noi poveri. I ricchi si sarebbero istruiti comunque. La scuola dava peso a chi non ne aveva, faceva uguaglianza. Non aboliva la miseria, però tra le sue mura permetteva il pari. Il dispari cominciava fuori.

(Erri De Luca, Il giorno prima della felicità)

Una delle migliori sensazioni al mondo è quando abbracci qualcuno che ami e lui ricambia stringendoti più forte

(Charles Bukowski)

I veri amici sono quelli che si scambiano reciprocamente fiducia, sogni e pensieri, virtù, gioie e dolori;

sempre liberi di separarsi senza separarsi mai

(Alfred Bougeard)

Incontrarsi fu trovarsi. Nel momento misterioso in cui le loro mani si toccarono, esse si saldarono.

Quando quelle due anime si scorsero, si riconobbero come necessità reciproca e si abbracciarono indissolubilmente

(I miserabili - Victor Hugo)